L'ostracismo è un'antica pratica ateniese con cui il popolo mostrava la sua sovranità.
L'ostracismo di Aristide
Vigeva nell'antica Atene democratica una curiosa usanza. Ogni anno l'assemblea del popolo ateniese decideva se attuare o no un ostracismo; se la decisione era affermativa, ad una data fissata tutto il popolo si riuniva e ogni cittadino incideva un nome su di un coccio di vaso (ostrakon in greco).
Se votavano almeno 6.000 cittadini, la votazione era considerata valida e la persona che aveva ottenuto più voti veniva bandita da Atene e dall'Attica per un periodo di 10 anni. È importante notare che l'ostracismo non era una pena per qualche reato, ma semplicemente un mezzo mediante il quale il corpo politico ateniese si liberava di un certo personaggio per un lungo periodo di tempo. Al ritorno in patria, dopo 10 anni, l'ostracizzato rientrava nel pieno godimento di tutti i suoi diritti civili e politici.
Siamo all'inizio del V sec. a.C.; viveva ad Atene un uomo noto per la sua giustizia e la sua equità, discendente di nobile famiglia, al quale la democrazia ateniese aveva già affidato numerose cariche pubbliche. Il suo nome era Aristide e tutta la città lo chiamava il Giusto. Ed ecco, nelle parole di Plutarco (Vita di Aristide, VII, 5-6), il racconto di un episodio che accadde durante l'assemblea che ne decise l'ostracismo.
“Si stavano scrivendo i nomi sui cocci quando - così si racconta - un rozzo analfabeta che si trovava vicino ad Aristide gli dette il suo coccio e gli chiese di scrivere proprio il suo nome. - Ma cosa ti ha fatto di male Aristide? - gli chiese stupito. - Nulla - rispose l'analfabeta - non lo conosco neppure. Solo mi sono stancato di sentirlo sempre chiamare il Giusto. - E Aristide, senza rispondere, scrisse il proprio nome sul coccio e glielo restituì.”
La pratica dell’ostracismo è stata rimossa, probabilmente in modo voluto. Eppure essa potrebbe essere la caratteristica più significativa della democrazia ateniese. Ma il concetto di sovranità popolare ad esso sottostante disturba il potere costituito. Tale concetto si potrebbe sintetizzare nel modo seguente.
Sovrano non è colui che delega e nemmeno chi viene delegato, sovrano è chi decide chi sta dentro e chi sta fuori dal sistema democratico. (In inglese sarebbe il gatekeeper, cioé il guardiano alla porta, il buttafuori.)
Il concetto di sovranità qui enunciato richiama la definizione di Carl Schmitt (“Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”) ma è sostanzialmente diverso da esso ed appare più adeguato a quel continuo paradosso che è la democrazia, il governo del popolo. Del resto Schmitt è difficile da controbattere sul piano giuridico e su quello della filosofia politica, però con il concetto di democrazia qualche problema lo aveva. Saper stabilire chi fa parte del sistema (della società) e chi ne sta fuori viene prima rispetto alla decisione su chi comanda.
Va poi notato che l'ostracismo non è rivolto ai soli eletti, ma può colpire tutti i cittadini. Dal punto di vista politico esso precede il voto rappresentativo. Esso quindi differisce dalla revoca degli eletti presente in alcuni ordinamenti politici di oggi (es. il Venezuela di Chavez). In qualche modo l'ostracismo ha precedenti recenti in Italia, con la proclamazione della repubblica del 1946 ed il successivo esilio dei Savoia.
Qualcosa di analogo, una specie di ostracismo travisato (perché applicato dall'esterno del sistema sui suoi partecipanti) compare nelle procedure di eliminazione del Grande Fratello televisivo e trasmissioni analoghe. Pur essendo tale meccanismo politicamente ben differente, è interessante il fatto che alcuni aspetti mediatici, alcuni meccanismi d’identificazione ed opposizione, sono analoghi.
L’ostracismo sarebbe utile ad invertire la voglia di notorietà ad ogni costo, tipica della società dello spettacolo all'italiana. Esso avrebbe un effetto anticiclico, stabilizzante, smorzerebbe i fenomeni da baraccone.
In definitiva, oggi in Italia sarebbe utile ripristinare qualche forma di ostracismo.
2 commenti:
bel blog
Grazie, anche i tuoi sono niente male.
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