04 dicembre 2007

Qualche mito da sfatare

Qualche mito da sfatare
di Matteo Moro

Avevo quasi rinunciato a spiegare alla gente i vantaggi del software libero: mi ero quasi assuefatto ai pomposi discorsi aziendali (=di aziende che non sanno neanche cosa sia il software libero) sul fatto che sotto Linux la nostra stampante non funzionerà, sul fatto che gli utenti sanno usare Windows, sanno usare Office e su altre minchiate di questo genere. Poi ho letto un articolo del buon Gigi Cogo e hanno iniziato a prudermi le mani… La prima reazione è stata quella di ignorare la cosa e salvarmi l’articolo per rileggerlo a mente fredda. L’ho riletto e mi sono ripromesso di evitare le polemiche inutili. Poi però mi sono detto “eh no, cazzo, le cose bisogna dirle come stanno“.

Partirò da un paio di presupposti, un po’ esagerati ma che rendono l’idea di quale sia la situazione:

  1. L’utente medio NON SA USARE nessun sistema operativo. Ci sono problemi nello spostare un file da una cartella a un’altra, nel distinguere la password di sistema da quella di un applicativo, nel comprendere il significato del tasto Caps-Lock (con conseguente elezione a “mago dei computer” di chiunque lo prema nel momento giusto quando la password “non funziona più”), anche solo nel rendersi conto di quale sia la cartella nella quale si sta salvando un documento. Parlo di persone che sono perfettamente in grado di svolgere compiti molto più complessi, come guidare un’automobile o districarsi in un processo di fatturazione.
  2. Lo stesso utente medio NON SA USARE nessun software di office-automation. Per formattare un testo si utilizzano spazi o, nel caso migliore, tabulazioni. L’allineamento è un’entità sconosciuta. Una semplice formula in un foglio di calcolo (anche una somma, mica ricerche complesse) sono qualcosa di incredibile.
  3. Sempre lo stesso utente medio NON SA USARE nessun client di posta elettronica. E’ tuttora un mistero il fatto che la posta possa essere organizzata in cartelle. Scaricare e salvare un allegato è spesso un’impresa titanica, per non parlare dello scrivere un’email che sia leggibile dal destinatario senza rischiare conati di vomito. Della possibilità di gestire filtri per organizzare la posta in arrivo in maniera semi-automatica non voglio neanche parlare.

Ai tre punti precedenti, mi sento di aggiungere che buona parte (per non dire la maggior parte) del personale IT ha competenze che superano di poco quelle degli utenti. Dalle mie esperienze degli ultimi anni, mi sento di dire che la situazione in cui un PC arriva nelle mani dell’utente è disastrosa. Accesso come Administrator (si, perchè se non sei administrator o equivalente un sacco di ottimo software gestionale, pagato a peso d’oro, non prova neanche a funzionare), sistema configurato così come esce dai negozi (pieno di software inutile e pesantissimo, millemila effetti grafici di dubbio gusto, servizi inutili attivi di default), software in versione demo perchè “tanto era già lì”, nessuna formazione agli utenti sull’utilizzo almeno dei software più comuni. L’idea comune secondo la quale Windows è facile” è una colossale cazzata messa in piedi dal marketing, non ha nulla a che fare con la realtà: è bene metterselo in testa.

E’ in questo genere di situazioni che sistemi come Windows danno il meglio di sè. La fama è quella del “sistema di merda“, quindi se qualcosa non funziona si può sempre dare la colpa a Bill Gates o al produttore di un certo gestionale che mi ha obbligato a configurare il sistema in un certo modo. La verità è un’altra: prendere decisioni su grossi insiemi di hardware e software è difficile, e richiede conoscenze maggiori di quelle che la maggior parte dei dipartimenti IT possiede. Prendere decisioni implica anche il fatto di assumersi responsabilità, ed è risaputo quanto sia facile, specie in ambito aziendale, dare la colpa all’IT quando le cose non funzionano. Non importa se i problemi stanno da altre parti, dare la colpa all’informatico, o presunto tale, di turno è la via più comoda e credibile.

La cosa importante per i dipartimenti IT, a questo punto, diventa avere qualcuno su cui scaricare le colpe. Il fatto che le cose funzionino bene o male diventa secondario. L’uso di software libero in azienda presuppone dunque diverse difficoltà, tutte per il settore IT:

  1. Ci vuole competenza. In realtà ci vorrebbe anche utilizzando software non libero, ma in quest’ultimo caso è più semplice mascherare l’incompetenza dietro a un “riavvia” che spesso risolve ogni misterioso malfunzionamento senza essere costretti a capire quello che succede.
  2. Ci vogliono palle d’acciaio, per evitare che vadano in mille pezzi ad ogni discussione con fornitori di hardware e software che non hanno idea di cosa sia ODBC o se il loro prodotto sia o meno funzionante con Linux. No, Linux non è RHEL o SLES con i loro moduli proprietari: Linux è quello che trovo su kernel.org, e prima di comprare una periferica voglio sapere se sia supportata nativamente o meno. Una volta trovati i fornitori giusti, però, la strada è in discesa.

A queste, se ne aggiungono altre che non sempre sono superabili: la prima è la migrazione da un sistema esistente. Avere anni di dati salvati in formati proprietari può rendere impossibile una migrazione. Una migrazione in genere, non una migrazione a Linux: il problema sta nei formati di merda che stiamo utilizzando, ma spiegarlo all’azienda è un problema dell’IT. Va detto che migrare da un sistema ad un altro è SEMPRE problematico, non dipende dal fatto che il sistema verso cui si migra sia Windows, Linux o Cazzabubbola-OS. E’ il passaggio in sè che è sempre difficile e questo va ficcato bene in testa a chi sostiene che sia Linux ad essere difficile da usare/gestire. No! Il difficile è il passaggio, a qualunque sistema tu decida di passare!

Sono consapevole del fatto che questo discorso potrebbe diventare eterno, ma per oggi mi fermo qui. I commenti, a patto che le mani siano guidate da cervelli in buone condizioni, sono sempre qua sotto.

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